"he was young, handsome, a millionaire, and he'd just pulled off the perfect crime!"

martedì 18 novembre 2008

come volevasi dimostrare

James Blackshaw signs to Young God Records !!!!!

I don’t know what to say about James. If you haven’t yet heard his music, just go out and buy everything. It’ll provide you with hours tranced out bliss, I guarantee. I couldn’t be more thrilled than I am to have the privilege of releasing his music. Read more about him here and here’s a few press quotes to give you the idea. Go to his myspace page and listen there for a taste. http://www.myspace.com/jamesblackshaw


"The hypnotic arpeggios at the heart of James Blackshaw’s acoustic guitar playing reflect strong influences from outside the precincts of folk music: minimalist composers like Steve Reich and Terry Riley, and some of their precursors, like Erik Satie. Mr. Blackshaw, a British autodidact still in his mid-20s, fingerpicks his 12-string Guild with an immersive focus befitting such heady allusions. At its best, his sumptuous new album, Litany of Echoes, conveys a stark and ancient feeling, like something handed down through the ages...." - Nate Chinen, The New York Times

James is working on his YGR debut now, and from what he says it’ll feature fully fleshed out orchestrations and will be a big step forward. Look for this release mid next year… sign up to the newsletter for updates…

M.GIRA

blank with prurient

domenica 9 novembre 2008

life death love and freedom

che fine ha fatto mr.crown?! che succede ai crownicles ?!
così discontinui e frammentari. forse il solo fatto che non c'è urgenza di comunicare con l'esterno.
di cose ne succedono e passano inosservate, gli appunti si susseguono ma poi rimangono lì.
ne vale davvero la pena?!

però c'è un album nero che si è insinuato nella carne sottopelle e su fino all'ipotalamo sfiorando il cuore.
e quando dico nero intendo hard boiled.



people tell me i look like hell
well i am hell

ecco, inizia così quello che senza dubbio è il mio personale disco dell'estate, un album maledetto, quello che mi accompagnava nelle notti afose e insonni e nei risvegli problematici e annebbiati.


t bone burnett - tooth of crime

così nero e torbido che è rimasto ai margini praticamente inosservato
un album impietoso che riflette il ghigno sardonico della tua ombra
un album che ci suonano marc ribot e jim keltner con la benedizione di sam shepard
un album che sembra la colonna sonora immaginaria quando leggi ellroy e capote, eroi.
un album nelle pieghe del tempo senza tempo nell'anticamera dell'inferno

e ti ritrovi a sanguinare pece ogni volta su quella kill zone scritta a sei mani con roy orbison e bob neuwirth

We stood together in the open field And heard the secret that the night revealed Then we chased the lie Racing through the sky Can we untangle guilt or innocence? How hard we torture this ambivalence Night will bring no dawn Where has power gone? For I'll steal your dreams while you are sleeping And sell them for dust and cheap lust And I'll slit your hope while you are weeping And wipe the blood clean with morphine Be my queen The wind howls the black clouds around the storm at sea I'm dropping at too great a speed Come closer to me on your hands and knees Alone in the kill zone How much is not enough, how much is through? How long will I be getting over you? How much grief and sin 'til a heart caves in? 'Til a heart caves in, 'til a heart caves in


"to sam shepard whose visionary and inspiring play invented an intense nulanguage and led us all into an unexpected shamanistic world of sound in the dark conjure of the blues"

in vendita nei migliori negozi ...
non compratelo.

giovedì 9 ottobre 2008

la via del samurai


ieri sono sceso dalle colline per arrivare giù fino al diagonal.
suonavano i ronin guidati dal calamaro bruno.
poche le anime che si aggiravano sparute tra quegli anfratti.
niente frangette niente cheap mondays niente mocassini.
no hype. no myspace. no blog. nessun parere autorevole

guerrieri senza padrone. uomini alla deriva.
il capitano bruno e la sua ciurma, e noi in balia delle onde.

e ti ritrovi a volare su mulholland drive con i mono a tutto volume e i magnifici sette che cavalcano al tuo fianco.
solo suono zero parole.
applaudo di gusto con la mano sinistra in battere.


Ho scoperto che la Via del samurai è la morte. Quando sopraggiunge una crisi, davanti al dilemma fra vita e morte, è sempre necessario scegliere subito la seconda. Non è difficile: basta semplicemente armarsi di coraggio e agire. ... L'essenza del Bushido è prepararsi alla morte, mattina e sera, in ogni momento della giornata. Quando un samurai è sempre pronto a morire, padroneggia la Via.
[hagakure I, 2]

lunedì 15 settembre 2008

infinite jest

david foster wallace 1962 - 2008


to download or not download, è questo il dilemma?!

davvero non credo, e casualmente ieri notte cazzeggiando in rete apprendo del suicidio di david foster wallace, proprio ora che mi sentivo quasi pronto per affrontare la sua opera.
ne ho approfittato per leggere quella illuminante intervista con dave eggers su believer e un po' di note biografiche. è innegabile che l'idea che ci facciamo di qualcuno è attraverso il suo lavoro la sua opera la sua vita pubblica, molto più complesso avventurarsi nel behind the scenes e nell'intimo umano come se in fondo una forma di difesa della privacy esistesse in natura al di là di norme e codicilli, carte di credito e telefonini che ci tengono monitorati tutto il tempo. curioso come spesso si riesca a soffrire in pace, lontano dalla luce dei riflettori fino ad impiccarsi senza che nessuno accorra giusto in tempo per rovinare tutto.
incidentalmente proprio in questi giorni mi sto dedicando a please kill me, il volumone di legs mcneil e gillian mccain che attraverso le testimonianze dei protagonisti ricostruisce quei mitici anni d'oro di ribellione e arte che vanno dalla factory di andy wharol in poi, fino al punk tutto. e si va dritto in vena, niente perifrasi di sorta, la cruda realtà così come la possono ricordare protagonisti e comprimari. e dopo venti pagine sai più cose su lou reed che consultando tutte le biografie a lui dedicate.
così dall'amarezza dell'infinite jest un sorriso prende il sopravvento leggendo queste righe:

david johansen (new york dolls) : Bowie veniva spesso a vederci al Mercer Arts Center. Non avevo mai sentito parlare di lui prima di allora. Ricordo che veniva a salutarci con addosso dei vestiti da donna tutti trapuntati e una volta mi chiese: "Chi ti fa i capelli?" "Johnny Thunders", gli risposi, ed era la verità.

Left to right are:
Arthur Kane, Jerry Nolan, David Johansen, Sylvain Sylvain, and Johnny Thunders

giovedì 11 settembre 2008

wasted time

lo riconosco. mi sono assentato a lungo. ho lasciato queste pagine incustodite nella rete. mi rappresentano.
ultimamente torno a ragionare per sottrazione pensando che non ho ancora così tanta voglia di condividere pensieri. seppur cinici e supponenti.
in questi mesi ho fatto incetta di oggetti ed esperienze. pane per la memoria e memorie per il futuro. ho appena visionato john rambo e me ne vanto.
ma non è di questo che bisogna parlare. fa godere david eugene edwards sulla cover di blow up. fa tenerezza per l'amico morphine l'intervista ad aufgehoben al suo interno.
condivido le parole di stephen robinson interrogato da isidoro bianchi a proposito di downloading. so che art apprezzerà.



ho passato circa tre mesi lavorando esclusivamente sul passaggio da un pezzo all'altro al fine di dare coerenza al nostro disco, e questo vale anche per gli spazi vuoti tra un pezzo e l'altro e per la loro lunghezza, da calcolare in base a quello che termina e quello che inizia. ha un'enorme importanza quanto durano le pause, da cosa nascono e dove approdano, ha esattamente la stessa importanza che hanno le tracce stesse. i download traccia-per-traccia o, peggio, la loro compressione su ipod spazza via come se non esistesse tutto il lavoro fatto, e questo è di certo frustrante. ma quello che conta di più è che il downloading altera la natura stessa del tempo dell'ascolto e la sua fenomenologia, distrugge ogni possibilità di entrare dentro al lavoro come elemento coeso e unitario. un lavoro che E' in quella maniera e in quel contesto o non è. invece che tutto un processo creativo, bello o brutto che sia, hai solo una serie di dati. il contesto che l'album crea è rimpiazzato da quella che, a esser buoni, è solo la colonna sonora di qualcosa d'altro, e questo qualcosa d'altro non è la musica. sentiamo molto, ma raramente ascoltiamo.


e non è nemmeno di questo che volevo parlare, non è da qui che volevo riprendere. ma sono innamorato delle cover, delle note e degli odori. sempre alla ricerca di mondi vecchi e nuovi a bordo di suoni che senza il suo rigido corsetto, l'ultima fatica del giovane micah rimarrebbe di gran classe ma non sarebbe la stessa cosa. ladies and gentlemen, finish the race.

venerdì 6 giugno 2008

the jackal

tanto per rimanere in tema ieri mi sono visto prega il morto e ammazza il vivo, diretto da joseph warren (giuseppe vari) per la sceneggiatura di adriano bolzoni (marc seltzer)
un altro gioiello dimenticato nell'immenso panorama del western all'italiana
quando in italia si faceva ancora cinema e l'artigianato era un arte.



diviso in due parti, una prima di stampo teatrale ambientata in una sperduta stazione telegrafica, e una seconda in idea di road movie sul passo dello sciacallo in fuga verso il messico (girata chiaramente nei dintorni delle colline romane).
un plot interessante impreziosito e dominato da un klaus kinsky decisamente in grandissima forma nei panni di dan hogan killer spietato, irresistibile e psicopatico, impreziosito da un'aura nera quanto basta.


peccato che il resto del cast, un po' anonimo a dire il vero, non sia alla sua altezza, ma il budget rasentava di certo lo zero.

colonna sonora di mario migliardi perfettamente calibrata e impreziosita da due misteriose canzoni "That Man", "I'm Not Your Pony" cantate da Ann Collin

questa l'unica testimonianza

venerdì 30 maggio 2008

c'era una volta al bronson

il timido il silenzioso il prete la sposa e il mezzosangue.


come alcuni di voi ho passato due giorni particolarmente intensi e afosi tra le mura del bronson, in paese erano attesi due bounty killer ammantati di leggenda, pistoleri letali per capirci. fervono i preparitivi a madonna dell'albero, ma guai, guai seri a farli incontrare. erano solo di passaggio rassicuravano, erano in visita ad amici, venivano in pace.

madonna dell'albero - landscape


ben detto il timido arriva assonnato, gli occhi sempre bassi e modesti. azzurri come il ghiaccio. sembra ammantato da un alone di pace e amore, sembra in luna di miele il timido, con la sua bella. li accompagna un giovane prete scozzesse. mai fidarsi degli scozzesi. mai fidarsi dei preti.
passano ore tranquille, ore liete e quiete in attesa della resa dei conti. arrivano puntuali all'appuntamento col solito fare dimesso. di lì a breve scateneranno un putiferio, il timido il prete e la sposa.
non possiamo fare altro che pregare pietrificati di fronte a tanta violenza. a tanta dolcezza. proiettili ovunque mentre la folla acclama, uno così non si era mai visto in paese.

il timido

c'è solo il tempo di gustarsi una nuova alba che il silenzioso arriva preceduto dalla sua fama di uomo letale. bill callahan fu smog.
due passi indietro lo seguono come lunghe ombre un messicano, un americano e un mezzosangue. al suo fianco un giovane archeologo scozzese
nell'aria ancora l'odore del massacro che li ha preceduti. un'altra giornata di afa e ozio, il silenzioso fuma e sorseggia caffè mentre le labbra morbide disegnano un sorriso sornione, gli occhi fermi e sicuri. sussurra poche sillabe, ma non è quello che dice, è quella voce che ti scuote. quella voce che è come un presagio. sarà dolore lacrime e sangue. sarà un funrale texano. nessuna pietà.

il silenzioso

scende l'oscurità, l'aria si carica della tensione che precede gli eventi. un caldo a tratti insopportabile e i panni zuppi di sudore. il silenzioso sale sul palco, il messicano l'americano e il mezzosangue sempre dietro a coprirgli le spalle. il silenzioso colpisce lento e preciso. inesorabile, uccide col sorriso negli occhi e l'inferno il suo verbo. erano accorsi sin dai confini dell'impero per onorarne l'avvento. sono rientrati nelle loro case felici. piangendo.

requiescant



thx to ele per la foto del silenzioso

lunedì 19 maggio 2008

un ritorno a metà

nonostante un mese di assenza capisco dal numero di accessi che mi siete rimasti fedeli.
mi stavo apprestando ad un post sugli spaghetti western, tema a me particolarmente caro, partendo dalla visione di un classico minore da riscoprire assolutamente:
gli fumavano le colt... lo chiamavano camposanto



poi su D mi imbatto nell'intervista a vincent delecroix che tra le altre cose dichiara:
"... un fenomeno come il boom dei blog o dei siti di social network come facebook non fa che parcellizzare, ridurre in pezzi sempre più infinitesimali la possibilità di comunicare, che è un esigenza vitale dell'essere umano. il blog è un'immagine di sè ipernarcisistica proiettata senza alcun ritorno, se non la convinzione fasulla di trovarsi al centro del mondo. l'illusione è che al cuore di questi fenomeni ci sia un interesse per l'individuo, visto quanto espone di sè chi vi aderisce. in realtà c'è un'evanescenza, una debolezza, una superficialità, al di là delle quali si riesce solo a intravedere una gigantesca solitudine, se non vogliamo addirittura chiamarla disperazione."

rimane che la colonna sonora di bruno nicolai è una delle mie preferite da sempre.
per la regia di giuliano carmineo (sartana) e la sceneggiatura di enzo barboni (trinità), fece registrare code interminabili al botteghino soprattutto grazie alla riuscitissima coppia degli outsiders protagonisti: john garko nella parte di camposanto e william berger in quella del bounty killer meglio noto come il duca.


venerdì 18 aprile 2008

going nowhere

la vita meglio viverla. tutto sommato.
a questo si deve una certa latitanza su queste pagine, ma vi penso sempre.
tra le altre cose mi è capitato di andare al cinema: juno

esattamente quello che mi aspettavo, un indie movie che parte dall'idea della generazione x, la rivisita e l'aggiorna con i colori giusti, dialoghi credibili e una colonna sonora twee pop vs punk/grunge pressochè perfetta. si è già detto e letto tutto. aggiungo una mia considerazione: strettamente personale appunto.


continuo a guardare questi film cercando di riconoscermi nei protagonisti, salvo poi accorgermi mio malgrado, che il mio specchio è altrove e più precisamente nel personaggio interpretato da jason bateman, a ben guardare quello più negativo e perdente di tutta la faccenda. adulti che si rifiutano di crescere che si ostinano a strimpellare la chitarra, ad ascoltare punk'n'roll e continuano a godere con il gore più becero a là herschell gordon lewis (the king of splatter sexploitation). color me blood red.


siamo veramente così, proiettati nel futuro della rete, ma saldamente aggrappati al passato analogico. siamo il primo avamposto della cosiddetta generazione x. ricordo ancora perfettamente quando comprai quello strano volume, opera prima di quello che sarebbe stato l'autore feticcio dei blogger di mezzo mondo: douglas coupland. sono passati ormai 16anni. tutto è cambiato nulla è cambiato. siamo solo un po' più vecchi. siamo solo un po' più morti e continuiamo a vagare senza meta come devil's rejects.

lunedì 7 aprile 2008

nights sailing blind

come ogni persona sana di mente venerdì scorso ho navigato nella notte in compagnia di jason molina e i bachi da pietra.
una impro dal sapore post rock che alternava le voci di giovanni succi e del piccolo grande jason mentre l'orso bruno scandiva i tempi e le chitarre duellavano nell'oscurità.


mai avrei immaginato che la notte si sarebbe conclusa nella mia umile magione sorseggiando tisane, mentre il piccolo grande jason teneva banco ingollando grappa di amarone.
e mentre gorella si gettava sul cofanetto celebrativo per i 15 anni dei cannibal corpse, molina notando nella mia libreria volumi quali post punk e please kill me, mi consigliava this band could be your life una splendida testimonianza sulla scena indie underground made in usa tra l'81 e il '91, tra black flag e fugazi, sonic youth e husker du.
sarà presto nelle mie mani.


gianbeppe e miss d si perdono a filosofeggiare come da par loro mentre arriva il temutissimo momento youtube. potere del wi fi. il piccolo grande jason è ancora una volta maestro di cerimonie e ci introduce alle incredibili performance di sister rosetta tharpe, proprio come l'uomo di duluth fece con lui.
più che sorella, un angus young ante litteram che domina con invidiabile maestria la sua diavoletto bianca.

venerdì 4 aprile 2008

this is the early game

ray raposa in arte castanets.
in the vines l'ultimo album.
quello che non ne vuole sapere di uscire dal mio lettore.


un personaggio che definirei weird: bizzarro
che risponde così all'amico chris schlarb

Chris Schlarb :
I know you've had a number of different jobs and professions from record stores to writing to surfing. If you could occupy any profession or passion right now, regardless of economics, what would you do?
Ray Raposa : I've been running my mouth about Nascar. Maybe the most Eastern of our Western sporting activites. Samurais. The endless. The infinite.
Fishing seems pretty right too. I have a thing for the prototypical 'man' works. Big ships. Wind-ravaged faces. Fast cars. Al Pacino.

un tipo che fa parte del "giro" dirty projectors, wooden wand, sufjan stevens, che è stato in tour con michael gira. un tipo che racconta storie di desolazione ispirandosi al gotico americano, che attorno alla sua chitarra costruisce una rete di suoni lo fi e qualche battuta di drum machine.



un tipo di cui sentiremo ancora parlare

domenica 30 marzo 2008

rabbia

"in un mondo dove miliardi di persone credono che il loro dio abbia concepito un figlio mortale con una vergine umana, è incredibile quanta poca immaginazione dimostri la maggior parte della gente." dagli appunti di green taylor simms ((storico)


forse non è stato davvero un caso che abbia concluso la lettura di rant (come al solito il titolo originale è molto più significativo) proprio nel lunedì di pasqua. dig rant dig!
è stata una lettura che si è protratta fin troppo a lungo per un libercolo di così modeste dimensioni, una lettura che a tratti è stata una vera seccatura che nemmeno la comoda seduta sulla tazza del cesso è stata in grado di favorire. lo ammetto, avevo perso la fede e l'idea dell'abbandono mi è apparsa persino in sogno, ma alla fine tutto torna, anche nostro signore gesù cristo.
amen.

domenica 16 marzo 2008

no country for old men

dell'ultimo film dei fratelli coen hanno scritto e commentato tutti e non vedo perchè dovrei farlo anch'io, ma quando c'è di mezzo il deserto al confine tra il texas e il messico e una sala semideserta proprio non resisto.



il deserto al confine tra messico e texas appunto, il luogo epico per eccellenza.
ancora una volta un western a guidarci tra le pieghe e i silenzi dell'anima. davvero difficile descrivere i perchè e i risvolti di un capolavoro dove i fratelli coen ritrovano l'ispirazione dei tempi migliori.
si tratta di cinema assoluto: classico, moderno e crepuscolare al tempo stesso. ci sono i valori tradizionali, la follia e la sconfitta, la determinazione e l'accanimento del destino nel rivendicare il proprio spazio ineluttabile. tommy lee jones veste i panni dello sceriffo ed tom bell, siamo nel 1980 e il mondo è già andato troppo oltre per lui, figurarsi cosa direbbe ora.
llewelyn moss (josh brolin) è il cowboy che si aggrappa con tutte le forze alla sua grande occasione, mentre anton chigurh (lo straordinario javier bardem) compie il piano divino con lucida follia. difficile aggiungere altro senza finire per straparlare e non è per nulla mia intenzione.
mi limito a segnalare la splendida e perfettamente calzante non-colonna sonora. ai limiti del field recording

la sala era praticamente deserta, ma subito, sui titoli di coda, alle mie spalle si levano commenti. talmente fuori sincrono da apparire surreali. geniale ironia involontaria:

di sicuro faranno il secondo perchè il matto è ancora in giro.



da applausi, non riesco a trattenere un sorriso che dio li fulmini.

martedì 11 marzo 2008

scava, nick, scava !!!

parafrasando il titolo del nuovo album di nick cave: dig, lazarus, dig!!! che, come si conviene in tali occasioni, trova il dovuto (e si badi bene non ho detto doveroso) spazio su tutte le riviste in questi mesi (e quando dico tutte intendo anche io donna del corriere della sera), e addirittura rumore sfodera l'asso nella manica piazzando nel ruolo del giornalista l'insopportabile cristiano godano (marlene kuntz): pippa e contropippa.

tutti danno il meglio di sè per preparare nuovi e mai banali interrogativi per il lungo divo australiano che però vanifica ogni tentativo di originalità (il più delle volte maldestro) con la solita posa "sfavata" di chi vorrebbe essere altrove, di chi vorrebbe lasciar intendere che avrebbe ben altre verità da rivelare se solo si schiacciasse il tasto giusto. semplicemente il non più giovanissimo nick (50 anni) non è altro che un ottimo mestierante. nonostante gli ottimi livelli su cui si attesta il nuovo album e nonostante abbia dimostrato con il side project grinderman di saper ancora scartavetrare dell'ottimo rock'n'roll. mi auguro che il vecchio nick sappia di mentire quando afferma "ritengo di saper scrivere canzoni tanto bene quanto loro" riferendosi a bob dylan e leonard cohen. beh, questa è un po' troppo grossa. davvero. non ricordo nessun brano da consegnare alla storia nella sua pur lunga carriera.


certamente i bad seeds macinano riff sapienti e arrangiamenti sopraffini e su gente come mick harvey e warren ellis (dirty three) ci puoi contare, james johnston (gallon drunk) rappresenta la ventata d'aria fresca mentre thomas wydler e jim sclavunos i fidi scudieri. il vecchio nick come da tradizione continua a trovare l'ispirazione seduto al suo scrittoio from 9 to 5.
la mia impressione è che stia cercando di scavare con l'obiettivo di raggiungere l'inferno, l'inferno dei grandi. ma a ben guardare lo trovo un po' troppo "in punta di zappa" e la discesa verso gli inferi è ancora molto, troppo, lunga.
non è l'inferno e ritorno di neil young o lou reed piuttosto che dylan e leonard cohen, laggiù dove mangiano solo spaghetti western (very spicy) non hanno nessuna intenzione di aggiungere un posto a tavola per il giovane nick. continua a scavare ragazzo e forse un giorno...



riposerai in pace.

lunedì 3 marzo 2008

hang the dj

si narra che uno degli sport preferiti di michael gira sia quello di criticare cinicamente gli ascolti proposti dalle autoradio di chi lo scarrozza tra aeroporti stazioni club hotel banche e ristoranti.


quelli del bronson hanno superato l'esame a pieni voti stuzzicandone la curiosità e incassando consensi tra jason molina, lambchop, woven hand, sodastream, handsome family e non che avessi dubbi, l'esperto e raffinatissimo duca conte morphine si è beccato addirittura i complimenti personali per le selezioni nella notte del concerto.
da parte mia, e per i miei tratti di strada, gli ho servito quello che per quel che mi riguarda è
il più bel disco del 2007 acquistato nel 2008.

six organce of admittance - shelter from the ash


michael è immediatamente rimasto irretito dalle atmosfere create dal sapiente chitarrismo di ben chasny e continua a fare domande . pertinenti.
chi è in possesso di questo gioiello sa che la voce dello stesso ben entra dopo un lungo preludio che immette direttamente nella giusta dimensione per interpretarne l'ascolto.
chasny riesce finalmente a disegnare sapientemente le timide melodie vocali sulle sue composizioni alla sei corde, riuscendo infine ad avere la meglio sulla forma canzone senza concedere nulla agli stereotipi del pop. a gira sono sufficenti poche strofe per apprezzare appieno quelle composizioni così personali e mai artefatte. un folk evoluto tremendamente sfuggente nella sua semplicità. mi confida che è esattamente ciò che cerca nei suoi ascolti, ciò che desidera per la sua young god records. ed è a questo punto che entriamo in confidenza e mi rivela chi sarà il suo prossimo giovanissimo alfiere. si stupisce davvero quando gli rispondo che lo conosco e che ho addirittura un paio dei suoi album
(siate sinceri: siete almeno un po' curiosi?!).


nel frattempo i fraseggi dell'ex comets on fire proseguono inesorabili e si spingono ai confini del noise, richiamando l'ulutato dei coyotes.

gira: è sempre lui che suona le parti soliste?

sì, certo. nasce come noise makers al fianco di gente come wolf eyes addentrandosi nelle tradizioni e continuando ad evolversi fino ad entrare nella cricca dei current 93.
folk ed esoterismo. noise e field recordings.
a quest'album contribuiscono noel harmonson (comets on fire), tim green, elisa ambrogio (magik markers) e matt sweeny (cazzo matt sweeny) e joseph mattson: acoustic guitars, drones, voice first electric guitar solo, drums, second electric guitar, bowed cymbal, vibes, wurlitzer, piano innards, amazon field recordings, zahir sounds, batin sounds.

procuratevi questo gioiello. l'oggetto tutto con testi e note.



And though the dark split the thought
Through that dark spit a reason
And despite reason came the ghosts
And nothing that was needed
Was everything needed most

So take shelter from the ash
Take shelter from the ash

ps:
un uccellino mi ha detto: follow the bronson

domenica 2 marzo 2008

cassano tutta la vita


giovedì 28 febbraio 2008

the devil played at my house


michael gira è l'uomo che ti aspetti, un cowboy dai modi gentili e la voce profonda che incute rispetto sin dalla prima sillaba.
ama l'italia, la grappa, la buona cucina e le belle donne. uno di noi.
a 54 anni ancora confida in un mondo migliore e continua nella ricerca di nuovi talenti da consegnare al mondo attraverso la sua piccola young god records: (e solo io so chi sarà il prossimo).
vive in una fattoria isolata nelle catskill mountains (woodstock - ny) con la moglie infemiera ex batterista dei god is my copilot, una figlia di 17mesi ed un labrador di 45kg. di notte ascolta i coyotes e di giorno osserva un orso che per nulla intimorito viene a nutrirsi alla sua tavola.

Now some of us are weak, and some endure Some people live their lives with a violence that's pure and clean But I saw a man cry once, down on his knees In a corner of a darkened cell, and his pain meant nothing to me

sale sul palco, sveste l'inseparabile cappello e sin dal primo accordo capisci che nemmeno un esorcista avrebbe la meglio. affornta i suoi devoti con veemenza, tra avanguardia e tradizione folk, arte e no wave, sermoni e profezie, dolore e sudore. col trascorrere dei minuti il suo salmodiare diviene urlare per poi addolcirsi fino a condurci in luoghi tempi e dimensioni che nemmeno avremmo immaginato, svuotandoci di ogni possibilità di ribattere: buio insostenibile e lampi accecanti.

But I was younger then Young men never die And I walked out in the sun I was strong, clear-minded and blind


perfettamente consapevole dell'inarrestabilità del progresso chiede con autorità di stoppare le riprese e riporre i telefonini.
la realtà è qui e ora.
il suo chitarrismo è primordiale, la sua voce posseduta dal demonio.
solo a tratti ritrova il controllo, offrendo il suo cuore e costringedoci alle lacrime.
ovazione.

Now don't say a prayer for anyone It doesn't do any good Please don't ask me a question It'd just be misunderstood And if you could step inside me you'd feel what hatred brings And if you saw with my eyes you'd see what self-deception means

nulla sarà più come prima e la mia anima nera sta ancora vibrando.
si copre il capo con l'inseparabile cappello, scende dal palco, la messa è finita.
andate e continuate a soffrire.
joseph è di nuovo rintanato nei meandri della suo subconscio.
torna il gentiluomo che avevi lasciato


I was younger once and I created a lie And though my body was strong I was self-deluded, confident and blind

la notte è ancora giovane e continua drink by drink, si tessono le lodi dei fratelli coen , morricone, sam peckinpah, scorsese e six organs of admittance...herzog
si passa dal nuovo capitalismo russo, al global warming e all'inevitabile downloading.
molto banalmente ci si chiede perchè quello dell'arte in musica sia l'unico furto consentito.
di questo passo in un futuro nemmen lontano non ci sarà un altro michael gira , non un'altra young god e michael ne è consapevole imbrigliato nella sua semplicità ed impotenza di cowboy sulle montagne.


Now show some pity for the weak of will
Because when we're drinking we can never be filled
Show some understanding for the lonely fool

Because when I am drinking I am out of control

joseph tornerà presto, e allora la battaglia potrà ricominciare.

I was never young
Nothing has transpired
And when I look in the mirror I feel dead, I feel cold
I am blind
I am blind
I am blind
I am blind

lunedì 25 febbraio 2008

the preacher is comin in town

no, cari affezionati, non vi ho abbandonati. dei giorni appena trascorsi parleremo poi. il mio ritorno, appena in tempo, è dovuto all'avvento di michael gira a ravenna . forse qualcuno ricorderà che se ne era già parlato qualche settimana fa e ora finalmente il tempo è giunto. mr.gira e il suo fido scudiero (r) attereranno all'aeroporto di bologna questa sera alle 21,30. a me l'onore di guidarli nella romagna profonda e misteriosa, da sempre terra di fantasmi e briganti.

la funzione si celebrerà domani (mercoledì 27 febbraio) in quel del bronson il tempio della madonna dell'albero.



file under: swans - young gods - angels of light

giovedì 14 febbraio 2008

death disco

forse tutti sanno che

ossevare la lenta agonia della madre, fonte insostituibile di forza e incoraggiamento, ispirò a lydon le parole di death disco, la prima produzione dei PIL dopo l'esordio su vinile. ...

stritolato da questa cappa d'angoscia, lydon esorcizza il dolore lanciando urla primordiali alla yoko ono:
"seeing in your eyes...silence in your eyes...final in a fade...flowers rotting dead".

pubblicato nel giugno 1979, death disco è probabilmente il singolo più estremista mai penetrato nella top20 del regno unito. ricordo ancora il presentatore di top of the pops (il cui nome mi sfugge) che, cinereo in volto, pronuncia con riluttanza il titolo della canzone mentre presenta il gruppo. wobble rimase seduto su una poltrona da dentista per l'intera performance. "gli altri si misero in coda per farsi belli, ma io chiesi solo ai truccatori della BBC di annerirmi i denti, così potevo rivolgere un bel sorriso senza incisivi all'obiettivo." invitare la morte nel tempio del pop era una forma di sovversione.
altrettanto estremista, a modo suo, era appaiare la parola "death" a "disco", un genere musicale ancora fondamentalmente disprezzato dal pubblico dei PIL.

simon reynolds - post punk 1978 - 1984



venerdì 15 febbraio il party. al bronson
live: la piccola annie e il vecchio paul.
dj set: art cecca chris momo

martedì 12 febbraio 2008

white heat white hat





senza parole

martedì 5 febbraio 2008

black metal: trend e natura

a giudicare da quanto si legge sulla stampa musicale che conta è giunto il momento per il black metal di essere accolto ufficialmente nel novero dei generi musicali che contano.
devo esserne felice ?!
non saprei, per quel che mi riguarda nella mia personalissima collezione il black metal trova già ampio spazio nella casella esattamente successiva al folk, lato drone e intersezioni varie. addirittura blow up dedica ben 10 pagine all'analisi e alla storia del fenomeno proponendo anche una carrellata di recensioni (a cura del valido valerio mattioli) delle band più marce glaciali e terrificanti in circolazione. un'operazione che ha tanto l'aria di chi vuole salire sul carro nero prima che sia troppo tardi.
ma chissenefrega. io continuo i miei ascolti misantropi e maledetti a lume di candela con le finestre aperte lasciando entrare gli spiriti trasportati dal gelo dell'inverno. poi arriva il raffreddore e rumore che si accorge finalmente degli straordinari ulver senza però riuscire ad interpretarne il complesso immaginario e quel mirabolante viaggio iperbolico e colto dal norse black metal alle ombre del sole.
kristoffer g. rygg è il gran sacerdote pagano.


sempre in quel di rumore incontriamo poi i nuovi fenomeni del black metal statunitense i certo interessantissimi wolves in the throne room, spacciandoceli come una band innovativa ed unica non tanto per la proposta musicale, che di fatto non lo è, ma per la scelta invidiabile e condivisibile di vivere a contatto diretto con la natura lontani dagli eccessi del progresso, una scelta ecologista e naturalista ad un passo dal primitivismo bla bla bla. la colpa è mia che compro le riviste e a volte le leggo pure. un punto di vista praticamente inedito bla bla bla i membri del gruppo risiedono stabilmente nelle foreste al di fuori di olympia bla bla bla la visione dei wolves in the throne room dolorosa e rassegnata non ha paragoni al momento bla bla bla


ed è a questo punto che un po' mi girano.
ma cazzo e i negura bunget formatisi a timisoara (romania) nel 95, ben 13 anni fa e ritiratisi nelle foreste transilvane poco dopo?! almeno documentarsi prima di scrivere , controllare le fonti è tra i dieci comandamenti del bravo giornalista. o no.
dio grazie che mi hai dato i crownicles.
negura bunget significa foresta nera nebbiosa in rumeno arcaico.


Negură Bunget is a black fog coming from a deep dark dense forest. The name tries to picture somehow the kind of atmosphere, both musical and spiritual we'd want to create through our music. It has also an esoteric nature, standing for the inexpressible parts of our ideology. The two words are also from the Tracic substrate of the Romanian language (the oldest one, containing about 90 words) as the interest for our local history and spirituality is something of crucial importance and meanings for us as a band.


ovviamente sono in possesso della loro discografia completa a partire dall'album di debutto zirnindu-sa fino all'ultimo capolavoro profeticamente intitolato OM

musicalmente sono giunti alla perfetta fusione tra il black metal di matrice norvegese, le dilatazioni mistiche ed evocative che potremmo ricondurre in un certo qual modo ai suoni di casa neurot, l'uso di strumenti folkloristici della tradizione come il corno, e tracce di ambient esoterica isolazionista. un'alchimia sciamanica che punta dritta verso una spiritualità ancestrale.


One of the most important concepts for us is the Transilvanian Spirituality. We see this Transilvanian Spirituality as a complex of practices and beliefs gathered around our lands over the millenniums, some still active even today in the local archaic folklore. Its essences are the immortality, the blood and the wisdom. All those are present, in a way or other, open or deeply hidden, throughout our whole history. And now we just try letting them use us for their further propagation.


The 4th Negura Bunget phase... the principle of 4 (four). The natural form, of the Universe to manifests itself (the 4 seasons, the 4 phases of the moon, the 4 moments of the day, the 4 winds, the 4 cardinal points, the 4 elements...). Macrocosmos’ manifestation in microcosmos, the most balanced and moderated form of the contraries to coexist. The Universe, the feminine nature, setting the 4 form of the contraries... moving the utter masculine principle, centered by the 4 feminine contraries. Initiatically and esoterically in decline in our times (with the start of the new astrological era), though no less significant in its intrinsic importance the principle of 4 is a form that needs to be activated, through the consciousness of the conscience (the awakening of the conscience) moving towards contemplation, standing for the initiation though mystery.