"he was young, handsome, a millionaire, and he'd just pulled off the perfect crime!"

venerdì 28 dicembre 2007

crownicles 2007




il capolavoro arriva quando meno te lo aspetti. ho atteso fino alla fine di questo 2007, scaramanticamente, e così sul filo di lana mi capita tra le mani wai notes firmato da dawn mccarthy & bonny billy. un presente di marchino in visita a rough trade. edizione limitata a 10mila copie worldwide. artwork a caratteri argentati impressi nel cartoncino di un digipack assemblato a mano con una splendida foto backstage dei due protagonisti sul retro. trattasi della compilazione dei demo che andranno poi a sviluppare il tema di quello che diventerà the letting go. bassa fedeltà con saturazioni, rumori di fondo, errori . ma le voci crude e pure, appoggiate su una chitarra dolce e claudicante sono gli ingredienti perfetti per queste ballate scure e glaciali , nude e commoventi. la dimensione ideale per perdersi nella notte. il mio disco dell'anno.




wooden wand - james & the quiet
e così wooden wand scala al secondo posto. un album col quale sono entrato in sintonia sin dal primo ascolto a cui ne sono seguiti probabilmente altre centinaia.
james toth finalmente domina la materia folk attualizzandola delicatamente, senza forzature regalandoci dieci ballate e altrettante storie che saranno buone compagne di viaggio anche per chi come me preferisce oziare su quella vecchia sedia a dondolo. lee ranaldo produce e benedice



bob frank &john murry - world without end
le storie di bob frank &john murry sembrano uscite direttamente dall'antologia di harry smith invece. qui il tempo sembra essersi fermato e quei cadaveri sembano ancora caldi. un classico. da recuperare assolutamente.




howe gelb - down home
howe gelb è adorabile quando cazzeggia. uno spiritello che folleggia in compagnia della sua martin 00 E del 1959.
ha fatto sua la lezione dei classici e lo è diventato a sua volta.



holly golightly & the brokeoffs - You Can't Buy A Gun When You're Crying'
il 2007 segna un ritorno deciso verso suoni che potevano sembrare sepolti. la damage good del selvaggio childish torna sugli scudi e m'innamoro di questo gioiello lo fi di blues folk and memorabilia ad opera di holly golightly (musa di jim jarmusch), per quella che potrebbe senza dubbio essere la colonna sonora del prossimo film di lynch o di una merenda nella fattoria manson.




kk null & keiji haino - mamono
quando il dolore diviene godimento non può che arrivare dal sol levante. kknull &kaiji haino regalano un crescendo inesorabile di noise controllato e perfettamente stratificato in cui sono riconoscibili rare linee melodiche sepolte tra bordoni e bordate. the pleasure of displeasure



angels of light - we are him
il messia è tornato. with a white hat on





liars - liars
i liars continuano per la loro tangente alimentati dal tipico sperimentalismo di casa mute, soluzioni avant, melodie inaspettate e una decisa graditissima virata verso jesus and mary chain e suicide. trovando finalmente se stessi.



nina nastasia & jim white - follow me
quello di nina nastasia e jim white è un album in punta di piedi perfetto per scaldare il cuore dell'inverno.





ultralyd - conditions for a piece of music
la norvegia non delude mai. gli ultralyd sono composti dai due tipi dei moha! accompagnati dal sassofonista del collettivo the core e dal bassista dei noxagt. meravigliano dando luogo ad un album di sperimentazione nera e groove funk, free jazz e trip hop. atmosfere cinematiche drones e death ambient. ideale per un anti aperitivo.

giovedì 20 dicembre 2007

the anderson alamo

è ormai ufficiale: il vinile sta per vivere una seconda giovinezza. erano un paio d'anni che evidenti segnali di ripresa lasciavano ben sperare, ma l'articolo di assante ieri su repubblica.it mette il bollino "ufficiale" su questa insperata rinascita. e chissà dove sta l'ironia.

e così si ristampano anche quei fondi di magazzino che magari per anni abbiamo cercato nei second hand store di mezza europa. si ritornerà a godere maneggiando le copertine, leggendo testi e note e rinascerà il culto dell'oggetto e del calore della puntina sui solchi.



credo poi sia chiaro ai miei 24 affezzionati lettori, che sono un ammiratore devoto e praticante di john carpenter e delle colonne sonore dei suoi film.
perchè è di questo che voglio parlare, di una in particolare: quella di assault on precinct 13 (distretto 13 le brigate della morte in italia). uno di quei vinili o cd su cui non ero mai riuscito a mettere le mani fino a ieri. è infatti di questi giorni una splendida e succosa ristampa in vinile ad opera della francese record makers (di proprietà degli air) sotto la supervisione di nicolas saada che la farcisce di note ed interviste e foto e credits ed è una vera chicca.


per dirla con lo stesso saada: "at last , this beautiful piece of work is finally avaible. its long awaited release will, we hope, relieve the frustration of those who, for years, have been longing to hear the score in his full length. now finally we can throw away all those bad recordings we made from the various VHS tapes of Assault." come se qualcuno dall'alto mi avesse spiato in tutti questi anni.

nonostante assault sia il primo vero film di john carpenter (girato con il budget ridicolo di 100mila dollari) rimane uno dei miei preferiti di sempre. forse anche per l'evidenza nel rendere omaggio a due classici di genere come rio bravo di howard hawks e night of the living dead di romero, e per averlo originariamente intitolato: the anderson alamo. ne esce un western di frontiera metropolitana e surreale, in cui la colonna sonora ne scandisce perfettamente tempi ed atmosfere. in un primo tempo passato inosservato, nel 1976 fu acclamato al London Film Festival e divenne un cult hit.


carpenter è un compositore occasionale ma incredibilmente dotato, imitato e citato e campionato. il suo stile minimale è sempre perfettamente riconoscibile e coerente e simbiotico al suo modo di girare e narrare. la musica nella famiglia carpenter è sempre stata di casa: suo padre suonava il violino e faceva parte della Nashville, Tennessee Symphony Orchestra e in seguito a varie ricerche ho poi scoperto essere stato uno dei session players di roy orbison. e questa è un'altra storia su cui un giorno tornerò.

e così come dicevo qualche riga più su, lo score di assault è stato campionato spesso e volentieri (afrika bambaataa, bomb the bass) o semplicemente utilizzato come esplicita ispirazione sia all'interno della scena hip hop che in quella techno dei '90 per il suo beat tremendo e pulsante, per il suono unico dovuto al massiccio uso dei synth analogici e alle melodie epiche e stranianti allo stesso tempo. rimane uno dei punti fermi e fondamentali per un nuovo modo di intendere le colonne sonore in particolare nei film d'azione.
The combination of synthesizer hooks, electronic drones and drum machines


"this was 1976: the days of ultra-low-budget movie-making
...
before recording ASSAULT ON PRECINCT 13's music, i thought of Bernard Herman and his ability to achieve maximum impact from minimum means. as i recall, i had about 3 days to complete the score.
...
the main title theme was relatively easy after we established the beat. Ice Cube told me 25 years later that the beat always comes first.
...
ASSAULT ON PRECINCT 13 is a truly minimalist score."

john carpenter




venerdì 14 dicembre 2007

il gran sole di hiroshima

molto banalmente credo che la musica vada ascoltata, i film visti, i libri letti.

trovo divertente il contraddittorio da bar e non sopporto granchè leggere la critica: sia essa musicale, cinematografica o letteraria.
preferisco chi ha storie da raccontare, storie che partono da un ascolto, una visione, una lettura, un po' come i report tennistici di gianni clerici che a volte li leggi anche se non hai la più pallida idea di chi abbia giocato. in questo senso i blog vanno a coprire certe voragini della carta stampata, e ad aprirne di nuove, non v'è dubbio. leggo fabio e art.
leggo le interviste, quelle vere che non siano la mera routine da ufficio stampa, ma piuttosto delle conversazioni con l'artista. dei confronti alla pari come quello di peter von bagh ed aki kaurismaki. e proprio non sopporto le sequenze testosteroniche di terminologia forbita e teorie tanto alte, quanto improbabili, per riempire il vuoto di una pagina bianca e l'ego di un'anima vuota. lasciatele bianche quelle pagine qualche volta. la masturbazione non è un peccato grave, ma non costringeteci sempre a guardare.

e così quando non ho spunti particolari mi limito alle segnalazioni.



trovo doveroso scrivere del dvd appena uscito dei mono. i giapponesi mono quelli che imprigionano in suite il suono del vento. "the sky remains the same as ever". chi possiede i loro dischi, chi è stato travolto dalle emozioni di un loro concerto riconoscerà qui, quella magia che vorremmo non ci abbandonasse mai. ossessionati dal fungo atomico vivono ogni giorno il dramma del dopo bomba riprodotto dal loro suono fatto di quiete e tempesta. di vuoti sospesi ed esplosioni furiose appunto. mai fuori controllo in osservanza alla tradizionale disciplina orientale. sempre in devoto rispettoso silenzio. il dvd cattura la straniazione la furia la pace le luci le ombre le gru i tramonti l'oceano i deserti il sole la pioggia la neve, i cieli e gli sguardi: quelli dell'audience. sguardi dietro i quali è possibile intuire mondi altri da cui non si vorrebbe far ritorno. mai più.



una parte del video, solo all'apparenza marginale, documenta momenti off stage di mono con gli amici explosions in the sky in visita al parco della pace di hiroshima, al monumento dedicato a sadako sasaki. e prosegue impietoso con alcune immagini di repertorio dell'immediato post bomba.



credo che la differenza tra i mono e gli altri teorici del post rock, sia tutta qui: la loro è una storia vera, quella che per altri è una semplice meta turistica e l'evoluzione di un brufoloso periodo emo. loro praticano il post rock marziale: un rituale che si ripete ad ogni apparizione.
il loro suono domina le emozioni. quello dei mono è un esorcismo di devastante poesia.

enola gay.



Enola gay, it shouldnt ever have to end this way
Aha enola gay, it shouldnt fade in our dreams away

martedì 11 dicembre 2007

babel

visto babel, e il giudizio è in qualche modo sospeso.

con la coppia inarritu (amores perros - 21grammi) arriaga (sceneggiatore di fiducia del regista e premiato a cannes per quella delle tre sepolture) si va a colpo sicuro, ormai è chiaro.
ma l'intesa e fin troppo collaudata, una macchina oliata alla perfezione un meccanismo ad orolegeria puntuale come un attacco alle torri gemelle.


ci ritroviamo ancora una volta di fronte ad un effetto domino scatenato da uno scatto del destino. inarritu e arriaga tentano di imbrigliare il fato con un perfetto esercizio di stile che tende ad affermare quel tout se tient a cui siamo così devoti noi dei crownicles.
ma forse è proprio qui la chiave di lettura definitiva: se prima arriaga e inarritu erano pudici osservatori, cronisti impotenti e deferenti al cospetto di un destino che faceva le bizze rimbalzando da un capo all'altro delle vite umane, ora gli tendono un agguato e cercano di guidarlo in un percorso chiaro lineare ed obbligato come una pista di biglie tracciata da un culo sulla sabbia.


ci sono i deserti certo, ancora una volta quello al confine col messico, e poi quello degli altipiani del marocco , e ancora quello dei grattacieli di tokio. c'è il dito puntato a denunciare le malefatte della polizia di frontiera, c'è la divisione impalbabile ma netta, tra i poveracci che si arrabattano per sopravvivere costretti a piegarsi alle beffe del destino, i cittadini americani con qualche macchia, certo, ma nulla che non si possa lavare via con pochi ave maria, e l'alienazione di chi probabilmente un po' alieno lo è davvero.

bello non c'è che dire, ma ancor più della bellezza avremmo preferito il coraggio degli outsider, un po' meno compiacente allo star system hollywoodiano.

da segnalare la splendida colonna sonora del pluripremiato gustavo santaolalla e la convincente interpretazione della giovane e intrigante rinko kikuchi



file under: crash - match point - 21 grammi

venerdì 7 dicembre 2007

american tabloid

"L'America non è mai stata innocente. Abbiamo perso la verginità sulla nave durante il viaggio di andata e ci siamo guardati indietro senza nessun rimpianto. non si può ascrivere la nostra caduta dalla grazia ad alcun singolo evento o insieme di circostanze. Non è possibile perdere ciò che non si ha sin dall'inizio. La mercificazione della nostalgia ci propina un passato che non è mai esistito. L'agiografia santifica politici contaballe e reinventa le loro gesta opportunistiche come momenti di grande spessore morale. La nostra narrazione ininterrotta è confusa al di là di ogni verità o giudizio retrospettivo. Soltanto una verosimiglianza senza scrupoli è in grado di rimttere tuto in prospettiva. La vera Trinità di Camelot era Piacere, Spaccare il culo e Scopare. Jack kennedy è stato la punta di diamante mitologica di una fetta particolarmente succosa della nostra storia. Spandeva merda in modo molto abile e aveva un taglio di capelli di gran classe. Era Bill Clinton senza l'onnipresente scrutinio dei media e qualche rotolo di grasso. Jack venne fatto fuori al momento ottimaleper assicurarne la santità. Le menzogne continuano a vorticare attorno alla sua fiamma eterna. E' giunto il momento di rimuovere la sua urna e illuminare le azioni di alcuni uomini che spalleggiarono la sua ascesa e facilitarono la sua caduta. Erano sbirri corrotti e artisti del ricatto. Erano intercettatori, soldati di fortuna e cabarettisti froci. Se un solo istante delle loro esistenze avesse imboccato un percorso diverso, la Storia americana come noi la conosciamo non sarebbe esistita. E' tempo di demitizzare un'era e costruire un nuovo mito, dalle stalle alle stelle. E' tempo di abbracciare la storia di alcuni uomini malvagi e del prezzo da loro pagato per definire in segreto il loro tempo. Dedicato a loro."

1995 - james ellroy



questa più che una intro è una dichiarazione di intenti, o meglio ancora, una dichiarazione di guerra. seguono 650 pagine di american tabloid cui seguiranno a sua volta sei pezzi da mille e blood's rover (ancora inedito in italia) a completare la trilogia.

e se non fossi stato crown avrei voluto essere kemper boyd.


" When asked if he still saw his 'Underworld U.S.A.' opus as a trilogy, Ellroy responded positively: "'American Tabloid' is the first volume of my 'Underworld U.S.A. Trilogy.' 'The Cold Six Thousand' is my second. I will soon begin work on the epic third volume — a ghastly tale of political malfeasance and imperialistic bad juju from 1968-1972."

ascolto consigliato durante la lettura delle torbide atmosfere usa tra il 58 e il 63 (depistaggio in vista delle classifiche di fine anno): we insist ! (max roach's - freedom now suite), sun ra we travel the spaceways, e ovviamente il rat pack

domenica 2 dicembre 2007

red carpet massacre


certe notizie è meglio apprenderle dagli amici, e così, carissimi affezionati lettori, ve lo dico io prima che lo scopriate da soli. o, peggio ancora, ve lo comunichi qualcun altro.
il nuovo album dei duran duran: red carpet massacre, è un capolavoro. un capolavoro glam, electro, pop.


i nostri si affidano al talento dell'amico e fan justin timberlake (prince del terzo millenio?!) al genio di mr. timbaland e alle sapienti mani di danja hills. fanno centro. con classe.
registrato tra londra new york e valencia in california sfornano un gioiello di new wave moderna , patinata e sexy.
pitchfork gli rifila un 3.8 secco, mentre solo qualche mese fa indicava in "future sex/lovesounds" proprio di timberlake uno dei migliori album del 2006. la solita incoerenza, la solita voglia di stupire, la solita necessità di fare notizia. peccato. perchè questo massacro del tappeto rosso ne è il seguito ideale. arrangiamenti sopraffini e atmosfere miami vice. splendidamente inutile. chirurgicamente decerebrato


carico il cd nel lettore (ne esiste una versione de luxe, ma mi sono accontentato), alzo a palla il volume, mi tuffo in vasca e mi faccio cullare dall'idromassaggio sfogliando vanity fair e sorseggiando bollicine. au revoir.

nota: andy taylor, storico chitarrista dei duran duran, durante le registrazioni ha lasciato la band opponendosi alla cronica assenza di chitarre sul nuovo album. probabilmente non aveva ascoltato tutti i precedenti in 25 anni di permanenza nella band.